Dal 24 al 26 ottobre 2025, al Teatro di San Carlo, va in scena Picture a day like this: opera in un atto di George Benjamin su testo di Martin Crimp. Performed by arrangement with Faber Music, London. L’altra replica è prevista per il 25 ottobre 2025.
Alla guida dell’Orchestra del Teatro di San Carlo, Corinna Niemeyer. Regia, scene, drammaturgia e luci sono a firma di Daniel Jeanneteau e Marie-Christine Soma, con costumi di Marie La Rocca e video di Hicham Berrada.
Il cast è costituito da: Xenia Puskarz Thomas (Woman), Anna Prohaska (Zabelle), Marion Tassou (Lover 1 / Composer), Cameron Shahbazi (Lover 2 / Composer’s Assistant), John Brancy (Artisan / Collector), Lisa Grandmottet, Eulalie Rambaud, Matthieu Baquey (Attrici e Attore). Co-commissioned and co-produced by the Festival d’Aix-en-Provence, Royal Opera House – Covent Garden, Opéra national du Rhin, Opéra Comique, Les Théâtres de la Ville de Luxembourg, Oper Köln and Teatro di San Carlo. Qui per ulteriori informazioni. Foto Festival d’Aix-en-Provence 2023 © Jean Louis Fernandez
Parma, Teatro Regio, Festival Verdi 2025
Filarmonica Arturo Toscanini
Coro del Teatro Regio di Parma
Direttore Robert Treviño
Maestro del Coro Martino Faggiani
Soprano Marta Torbidoni
Mezzosoprano Valentina Pernòzzoli
Tenore Piero Pretti
Basso Michele Pertusi
Giuseppe Verdi: “Messa da Requiem ” per Coro, soli e Orchestra
Parma, 18 ottobre 2025
Oramai tradizionale l’appuntamento del Festival Verdi con la Messa da Requiem. Protagonista assoluta la Filarmonica Toscanini, orchestra veramente di prima grandezza. La compongono professori che, a differenza dei colleghi di altre ed anche più blasonate compagini, attendono al loro mestiere con encomiabile disciplina: sicché non li si vede mai sghignazzare fra compagni di sezione, ma sempre in attento ascolto. Fatto che potrebbe considerarsi scontato, ma chi frequenti le sale da concerto sa quanto disgraziatamente non lo sia. Non è solo un dato comportamentale, perché la differenza poi si sente. Soprattutto nei fortissimi in cui restano udibili distintamente tutti i piani sonori (e qui il pensiero va principalmente agli interventi dei legni, spesso schiacciati fra resto dell’orchestra e coro). Certo, merito è anche del direttore, ma l’ascolto reciproco è qualcosa che sta all’orchestra. Una prova di altissima professionalità, dunque, della quale val qui citare due esempi soli per non tediare il lettore: il tuba mirum che s’è ascoltato, un prodigio di intonazione, e i tremoli, fittissimi e sulla punta dell’archetto, che stendevano un sontuoso, etereo tappeto all’hostias. Robert Treviño, molto apprezzato dall’orchestra che si rifiutava di alzarsi per applaudirlo, è un direttore dotato di una visione estremamente netta e di un metodo solidissimo per realizzarla: insomma, un ottimo direttore. La lucidità con cui guarda alla partitura lascia forse poco spazio ad abbandoni lirici o estasi mistiche: espedienti che talvolta posso anche sedurre, ma qui non facevano sentire la loro mancanza. Quel che talvolta può soffrire la spigolosa meticolosità del cesello infinitesimale è piuttosto l’ampio respiro del disegno complessivo, qualcosa che ha più a che vedere con il fraseggio che con il legato. Quella cara e gratificante sensazione che una pausa racchiuda tutto il divenire, ecco, non si è provata. Ma se siamo al sofisma, vuol dire che stiamo parlando di un direttore veramente valido. Difatti a quarantun anni ha già inciso un notevole ciclo beethoveniano con la sua Malmö Symphony Orchestra, e in Italia ha già diretto la Filarmonica della Scala e l’Orchestra Nazionale della Rai, di cui è direttore ospite principale. Al suono lucido e nitido della Toscanini risponde da par suo un Coro del Regio, diretto da Martino Faggiani, in forma smagliante, musicalmente impeccabile, capace di sfumature espressive sempre opportune e mai edonistiche. Michele Pertusi è un fraseggiatore di innata eleganza che incanta con quel timbro che si falda in morbidezze pastosissime. E se talvolta di tale voce ne traspare qualche margine liso, non vien meno la certezza d’essere in presenza di un vero artista. Il suo mors stupebit è oltre il limite del parlato, e il suo salva me struggente. Piero Pretti compie il suo dovere con il mezzo luminoso e squillante che gli conosciamo, senza distinguersi per liberalità nell’espressione. Valentina Pernòzzoli sfodera una voce larga e piena, voluminosa da far impressione, dalle solide e timbratissime fondamenta nel grave, che ascende poi proiettandosi all’acuto in una luce più soffusa, rivestendosi di uno smalto delizioso e decisamente femminile. Marta Torbidoni, soprano dal timbro fascinoso e dalla dotazione tecnica più completa, ha offerto un’ottima prova, sebbene forse non la migliore di sé. Si segnala l’incipienza di un vibrato talvolta prevaricatore, ma soprattutto è parsa impensierita da taluni passaggi, come ad esempio il balzo dell’ultimo requiem: riuscito, ma in tutta franchezza non con quell’effetto che da lei ci si poteva aspettare. Ad ogni modo, come s’e scritto e si ripete, un’ottima prova, salutata, peraltro, assai festosamente dal pubblico internazionale e parmigiano che si riunisce per la data unica del «Rèccuiemm».
Si apre con Nabucco di Giuseppe Verdi la stagione lirica al Teatro Comunale Pavarotti-Freni di Modena. L’opera andrà in scena venerdì 24 ottobre 2025 alle 20, sabato 25 alle 18 (fuori abbonamento) e domenica 26 alle 15.30 in un nuovo spettacolo curato dal Teatro e presentato in coproduzione con la Fondazione I Teatri di Reggio Emilia, dove sarà in scena la settimana successiva. L’allestimento, firmato dal regista Federico Grazzini, è stato realizzato in collaborazione con OperaLombardia e il Teatro del Giglio di Lucca. Massimo Zanetti, direttore di fama internazionale con successi operistici che vanno dal festival di Salisburgo al Teatro alla Scala, sarà alla guida dell’Orchestra Filarmonica Italiana, del Coro Lirico di Modena – preparato da Giovanni Farina – e di un prestigioso cast. In scena si vedranno, nei ruoli principali, il Nabucco di Fabian Veloz (24, 26/10) e Alexey Zelenkov (25/10), Ismaele di Matteo Desole, Zaccaria di Riccardo Zanellato (24, 26/10) e Ramaz Chikviladze (25/10), e la Abigaille di Marta Torbidoni (24, 26/10) e Svetlana Kasian (25/10).
L’opera sarà trasmessa in diretta sul canale YouTube di OperaStreaming nella recita di domenica 26. Qui per ulteriori informazioni.
Georg Friedrich Händel (1685 – 1759): Agrippina, HWV 6: Sinfonia; Ariodante, HWV 33: Scherza infida; Rinaldo, HWV 7: Venti, turbini (instrumental); Hercules, HWV 60: Cease, ruler of the day, to rise; Imeneo, HWV 41: Overture; Orlando, HWV 31: Ah, Stigie larve!; Rodelinda, HWV 19: Overture; Rodelinda, HWV 19: Menuet; Radamisto, HWV 12: Ombra cara di mia sposa; Amadigi di Gaula, HWV 11: Ah! spietato! (instrumental); Giulio Cesare in Egitto, HWV 17: Svegliatevi nel core. Lucía Caihuela (mezzosoprano). L’Apothéose. Victor Martínez (maestro concertatore). Registrazione: novembre 2023 presso il Centro de Congresos Fray Luis de León (Guadarrama, Comunidad de Madrid). T. Time: 64′ 02″ 1CD Ibs Classical IBS222024
Il teatro musicale fu sicuramente il genere preferito da Händel che seppe mescolare con straordinaria finezza le suggestioni provenienti dalle varie tradizioni europee dall’aria con il da capo italiana ai recitativi e alle danze di ascendenza, rispettivamente, tedesca e francese. In questa proposta discografica dell’etichetta Ibs Classical è proposta un’ampia antologia della produzione operistica di Händel dal momento che i brani scelti, sia vocali (arie) che strumentali (ouverture e danze), sono tratti da opere scritte in un arco di tempo che va dal 1709 (Agrippina) al 1745 (Hercules). Nel CD, inoltre, è proposto l’ascolto anche dell’arrangiamento strumentale, piuttosto usuale all’epoca del compositore, realizzato dal gruppo L’Apothèose, di due arie, Venti turbini e Ah! Spietato!, tratte, rispettivamente, dal Rinaldo e dall’Amadigi di Gaula. Senso dello stile, evidente, per esempio, nell’esecuzione sfuggita (alla francese) dei ritmi puntati della sinfonia dell’Agrippina, e una buona professionalità contraddistinguono l’approccio interpretativo di queste pagine da parte del gruppo L’Apothèose, sotto la direzione di Victor Martínez. Buona è, infatti, la scelta dei tempi e delle sonorità che non solo non soverchiano mai la voce, ma consentono all’ensemble di dialogare con essa. Un approccio stilisticamente che non va oltre la correttezza è quello del mezzosoprano Lucía Caihuela. Il timbro è gradevole, discrete le capacità tecniche ma è chiaro che non siamo davanti a una “primadonna”. La resa complessiva è alquanto compassata e non lascia segno.